Stalking è un termine inglese mutuato dal linguaggio della caccia che significa letteralmente “fare le poste a una preda”. Con esso si identifica la condotta di chiunque, ex partner, familiare o sconosciuto, con minacce o molestie reiterate causi nella vittima un perdurante e grave stato di ansia o di paura, un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto ovvero l’esigenza di modificare le proprie abitudini di vita.


Per stalking, quindi, si intendono tutti i comportamenti assillanti, quali, ad esempio, l’invio reiterato di sms o i continui appostamenti sotto casa, che causano nella vittime conseguenze che mutano il corso della loro esistenza portandole a cambiare il proprio numero di telefono o rivolgersi ad uno psicoterapeuta per liberarsi dalla conseguente e sopravvenuta ansia o paura.


Uno studio condotto dalla Comunità Europea ha evidenziato come i sintomi riscontrati nelle vittime di reati persecutori sia paragonabile addirittura a quelli delle vittime di gravi incidenti stradali o di rapine e si manifestano generalmente nella difficoltà a intraprendere nuove relazioni affettive.


Sino al 2009, anno di entrata in vigore dell’art. 612 bis del codice penale che ha introdotto il reato di “Atti persecutori”, mancava nel nostro ordinamento giuridico una regolamentazione specifica il ché faceva dell’Italia il fanalino di coda della maggior parte dei Paesi civilizzati.


Il fenomeno iniziò ad essere studiato già all'inizio degli anni ottanta negli Stati Uniti a seguito di gravi fatti di cronaca che videro protagonisti alcuni personaggi dello spettacolo presi d'assalto e perseguitati da ammiratori ossessionati: per questo, già nel 1991 venne approvata in California la prima legge anti-stalking a cui seguirono una serie di iniziative legislative volte a regolamentare il fenomeno non solo in America, ma anche in Europa.


Ad oggi la condotta persecutoria degli stalker (termine entrato nell’uso comune per identificare il persecutore) non è più confinata alle sole celebrità, ma si è estesa alle persone comuni tanto da divenire una piaga sociale dilagante che tutti gli indici statistici segnalano in forte crescita senza distinzione di età o estrazione sociale. Si va dall’adolescente che tempesta l’ex fidanzatina di sms o di inbox su Facebook, all’adulto separato o divorziato che, avvertendo un forte senso di abbandono, non si arrende all’idea di vedere la propria ex intrattenere nuove relazioni, sino ai casi più estremi, in cui si arriva al femminicidio e cioè all’omicidio dell’ex compagna (basti pensare che il 20% degli omicidi ha avuto come antefatto proprio un’attività persecutoria).


Nonostante gli strumenti che il legislatore ha previsto per contrastare il fenomeno, si stima che gran parte delle condotte criminose riconducibili agli atti persecutori non vengano denunciate dalle vittime e ciò principalmente per il profondo senso di sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine il cui intervento, troppo spesso, è considerato tardivo e potenzialmente poco proficuo, se non addirittura pericoloso.


La denuncia non è l’unica strada perseguibile, ad essa, infatti, il legislatore ha affiancato l’ “ammonimento” che consente ad una vittima di non denunciare il proprio stalker ma di segnarlo alla Questura la quale provvederà, assunte sommarie informazioni, a convocarlo intimandogli la cessazione immediata di ogni condotta molestatoria. Se poi quest’ultimo dovesse proseguire saranno le forze dell’Ordine a procedere d’ufficio.


Un simile strumento ha sicuramente più presa sugli adolescenti che spesso, essendo chiamati dalle forze dell’ordine vengono impauriti a tal punto da cessare la propria condotta.