Il reato di mobbing tra le mura domestiche

Soprattutto nell'ambito delle cause di separazione giudiziale, sovente la giurisprudenza ha riconosciuto, anche ai fini dell'addebito, la rilevanza dei comportamenti dispotici e prepotenti di un coniuge nei confronti dell'altro o dei figli.


Tale condotta si sostanzia in comportamenti irriguardosi e di non riconoscimento del partner quali possono essere, ad esempio, l'esternazione davanti a parenti o amici del rifiuto dell'altra persona, sia come compagna di vita, sia sul piano della gradevolezza estetica, ovvero in valutazioni negative sulle modeste condizioni economiche della famiglia di lei (o di lui). Tali comportamenti, normalmente, portano uno dei coniugi ad assumere anche in pubblico atteggiamenti sprezzanti ed espulsivi con l'invito all'altra parte di andarsene di casa.


I suddetti comportamenti, che possono accompagnarsi al rifiuto di ogni cooperazione in famiglia o con la reiterazione di giudizi offensivi, denigratori e svalutanti nell'ambito del nucleo parentale e/o amicale, vengono oggi ricondotti unanimemente alla categoria di mobbing, in quanto lesivi del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi previsto dall'art. 3 e 29 della Costituzione.


Una delle piu' frequenti condotte attraverso cui si sviluppa il mobbing familiare e' proprio quella dello stalking che nell'ambito del nucleo familiare consiste nel comportamento assillante e invasivo nella vita dell'altro coniuge realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive.


Ovviamente, come per lo stalking in generale, vale quanto previsto dall'art. 8 L. 38/09 e cioe' la possibilita' per la vittima di atti persecutori di richiedere l'ammonimento del questore, il quale assunte eventuali informazioni dagli organi di polizia e sentite le persone informate sui fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce verbalmente il soggetto nei cui confronti e' stato richiesto il provvedimento invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.